E’ cominciato malissimo il 2024 per DHL Group (ex Deutsche Post). Dopo aver a lungo sperato di risalire verso i 50 euro, il titolo ha finito invece per sprofondare sotto la soglia dei 40, tornando sui livelli di novembre scorso.
A inizio marzo il gruppo di logistica ha alzato il velo sui conti trimestrali e le prospettive future, che hanno deluso i mercati. Le stime sugli utili operativi (EBIT) per il 2024 e il 2025 sono molto prudenti, perché la ripresa nel settore dei servizi espressi transfrontalieri sarà più tardiva e più debole.
Il punto è che le aziende continuano a ridurre le scorte a causa della debole congiuntura, e solo quando tutto questo finirà, i volumi dei trasporti tra le aziende torneranno a crescere e gli affari di andranno meglio.
Tuttavia, nonostante i crescenti rischi geopolitici, il rischio di deglobalizzazione attualmente non è una realtà. Soltanto pochissimi paesi stanno interrompendo i rapporti con i partner esistenti.
La buona notizia è che nonostante il calo significativo degli utili, gli azionisti dovrebbero ricevere un dividendo stabile a 1,85 euro per azione.
Inoltre il nuovo Ceo Meyer vuole estendere ulteriormente il programma di riacquisto di azioni proprie, portandolo a 4 miliardi di euro tra il 2022 e il 2025.
Occhio alle possibili novità in Priamvera, quando la modifica della vecchia legge postale dovrebbe essere completata. Le nuove regole potrebbero infatti ridurre la zavorra dei costi per DHL Group e ridurre la pressione sui tempi per l’invio delle lettere.
Sotto il profilo tecnico, è evidente che il quadro di non è dei migliori. Il prezzo è precipitato al di sotto di EMA50 ed EMA200, che peraltro stanno per realizzare la “croce della morte”, che fornisce messaggi ulteriormente ribassisti al mercato.
(Fonte grafica: piattaforma di investimento )
La presenza dell’indicatore RSI in ipervenduto potrebbe preannunciare quanto meno una frenata di questa discesa, se non addirittura un rimbalzo.
Se il prezzo dovesse riuscire a inverstire la rotta, a quel punto c’è una zona molto interessante per il target, ossia il gap down che si è aperto pochi giorni fa, tra i 40,5 e i 41,5 euro.
Gli analisti mantengono una certa fiducia nella ripresa di a medio termine. La banca d’investimento britannica Barclays fissa il target di prezzo a 45 euro, la banca svizzera UBS invece non va oltre i 41 euro, mentre la statunitense Bernstein Research ha come prezzo obiettivo 46,50 euro. I più scettici sono quelli di JPMorgan, che hanno abbassato il prezzo obiettivo a 37,40 euro.