Dopo aver toccato il minimo annuale a fine ottobre, BASF potrebbe finalmente essersi lasciato il peggio alle spalle. Non tanto perché il futuro sembra roseo, ma perché tutti i possibili fattori negativi sono ormai stati prezzati dagli investitori.
Insomma dopo aver toccato il fondo, si può solo risalire.
Da pochi giorni BASF ha pubblicato i propri dati trimestrali, che non hanno sorpreso per l’andamento piuttosto blando degli affari. L’azienda chimica ha visto un calo del fatturato del 28,3% rispetto all’anno precedente, e ha subito una perdita trimestrale a causa della sua controllata di petrolio e gas Wintershall (che vorrebbe vendere) ed è diventata un po’ più cauta per il 2023 (dopo aver già ridotto significativamente i propri obiettivi a metà luglio).
Come l’intero settore, anche BASF risente della debolezza della domanda in tutto il mondo. Con gli attuali tassi di interesse elevati (che scoraggiano nuovi progetti) e i crescenti rischi geopolitici, le prospettive rimangono estremamente incerte. In particolare, l’aumento dei prezzi delle materie prime potrebbe gravare ulteriormente sulla domanda e sui margini, poiché le opzioni di prezzo sono limitate nei periodi di bassa domanda.
Sotto il profilo tecnico, BASF ha trovato un solido supporto nell’area intorno ai 40 euro. Ma quello che è importante è l’attuale test della trendline ribassista cominciata a febbraio, che praticamente coincide con la Ema50.
(Fonte grafica: piattaforma di investimento )
Si tratta di un momento cruciale, perché le ultime volte che BASF ha testato la trendline, ha trovato la Ema50 a spingerlo di nuovo indietro. Per questo i prossimi giorni saranno importanti per concretizzare una inversione di rotta.
Se così fosse, lo scoglio successivo sarebbe la resistenza statica a 44,3 circa, e più su la Ema200.
Gli analisti conservano ancora discreta fiducia in BASF. A inizio novembre Deutsche Bank ha fissato come target 54 euro, mentre JP Morgan ha confermato l’obiettiov di 58 euro. Berenberg e Warburg Research lo vedono oltre i 46 euro.